Tempi duri per i recensori Noi dell'"Indice" arriveremo al 2004? e come ci arriveremo? in buona forma o con le ossa peste? Il lettore e abbonato Marcello Barbieri, del quale pubblichiamo in questa pagina una simpatica lettera, sembra fiducioso sulla nostra sopravvivenza; in realtà non ha scelta, avendo sottoscritto una quota azionaria (Dio gliene renda merito) che gli dà diritto di ricevere "L'Indice" fino a quella fatidica data. Però è meno fiducioso sul nostro stato di salute, non riuscendo a seguire "il filo logico" delle nostre recensioni (o, almeno, di alcune), al punto da non capire se varrà o meno la pena di acquistare il libro recensito. Questa lettera suggerisce considerazioni che vanno al di là di una garbata risposta, in cui ci si cosparge il capo di cenere e si promette di cambiare musica. Innanzi tutto, la lettera ci dice che almeno una parte dei nostri lettori desidera trovare sulle pagine dell'"Indice" concreti suggerimenti su come spendere la quota di reddito, grande o piccola, che destina ai libri. Ciò impegna, ovviamente, i recensori alla chiarezza e alla franchezza, specialmente di fronte a opere destinate a un largo pubblico piuttosto che riservate alla cerchia degli studiosi. Ma impegna soprattutto la direzione e la redazione a un confronto con la produzione editoriale italiana forse più agguerrito di quanto non sia oggi. Quando "L'Indice" è nato, nel 1984, i fondatori scelsero di or- Lettere Con la testa ronzante. Seguo la rivista da alcuni anni e, quando lessi dell'operazione finanziaria volta ad evitare la dolorosa chiusura, temendo di perdere i consigli del "libraio", mi affrettai a sottoscrivere la quota azionaria proposta; perciò oggi mi trovo felicemente abbonato sino ai 2004. Se vi scrivo, quindi, è soltanto nel mio futuro interesse. Da alcuni numeri in qua (non saprei dire quanti perché l'impressione è montata lentamente) mi trovo con la testa ronzante, allorché chiudo la pagina "Narratori italiani": a volte non riesco a seguire il filo logico della recensione, non capisco bene quale sia il suo contenuto e, in breve, se il libro recensito varrà i denari chiesti dall'editore e il tempo di lettura invocato dall'autore. Cito scorrendo le colonne degli ultimi due numeri che ho sottomano: "Diciamo subito che non di 'raccolta' si tratta ma di un vero libro: un oggetto letterario, cioè, fluidamente compatto, un caleidoscopio che danza intorno al suo illusorio punto di fuga e condizione di leggibilità, al suo naturale centro prospettico. Il centro è un fantasma, è un vuoto indecifrabile, caotico. Su ganizzarlo come una "galerie des beautés", semplicemente tacendo sui libri non degni di appartenere all'élite: questo criterio è ancora attuale? Non è un fatto casuale che negli stessi giorni in cui il postino ci recapitava la lettera da cui di esso si fonda un gioco di specchi, un falso movimento di colori e forme che concrescono e si sovrappongono, che palpitano e si spengono, di figura in azione nel nulla" (Graziella Spampinato su Apprendista del sogno di Marisa Bulgheroni, 1997, n. 5); "Se vogliamo, un poco sommariamente, applicare l'etichetta a Ca-merana, vi aggiungeremo, in parallelo, il sublime postindustriale. E già che ci siamo, visto che la definizione di Tibbi è ricavata da Lyotard, aggiungiamo che il romanzo di Ca-merana si può leggittimamente considerare 'paralogico', alla Lyotard, in quanto mette in questione non soltanto i parametri comunemente accettati di una data realtà, dei processi cognitivi che la definiscono, e vengono tradizionalmente accettati, ma si avvale di una diversa procedura, sia cognitiva, sia immaginativa" (Claudio Gorlier su II centenario di Oddone Camerana, 1997, n. 6). Mi fermo qui. È probabile che io non sia sufficientemente addentro al gergo dei critici (filologi?) e che la mia formazione intellettuale (liceo classico, laurea in giurisprudenza eppoi pratica forense nell'avvocatura accompagnata da letture che ho cercato di non limitare al campo giuridico) non mi consenta di penetrare un simile linguaggio, che ap- prende spunto l'editoriale, il comitato di redazione, riunito per un tradizionale seminario estivo, concordasse sulla necessità di dare alla rivista un'impostazione e una impaginazione che ne valorizzino la funzione di orientamento per i lettori. pare soltanto vuoto o cifrato. Tuttavia non dispero: un giorno capirò e in libreria entrerò, uscendone poi lieto col libro recensito. Concludo con le preoccupanti parole di Silvio Perrella (su Campo del sangue di Eraldo Affinati, 1997, n. 5): "In questi libri comincia ad affiorare una paradossale necessità di testimonianza da parte di una generazione che, come ricorda Franchini, si caratterizza per non aver mai vissuto una guerra. Dico paradossale, perché è come se si volesse testimoniare qualcosa, ma in assenza di alcunché di testimoniabile. Questi libri -accomunati anche da una comune tonalità serriana - sembrano scritti per andare cercarsi l'esperienza. La loro indetinibilità formale-diario, reportage, saggio, racconto... - è la prima concreta testimonianza di un disagio reale. Questi libri, infine, possono essere letti come estremi esami di coscienza di tre letterati italiani". Marcello Barbieri Rettifica. Con non poco stupore e forte indignazione leggo sul numero di maggio della Sua rivista, giuntami attraverso mia nipote editrice Antonietta Risolo, che ne ha avuto un estratto dall"'Eco della Stampa", Come è stato osservato nel corso del seminario, da un lato l'incremento della produzione di libri e dall'altro l'aumento delle nostre recensioni rendono difficile, al lettore dell'"Indice", percepire il senso di una selezione qualitativa fra tutto una recensione del Sig. Alberto Ca-vaglion sul libro Tutto è sciolto di Roberto Curci, nella quale mio padre Michele Risolo viene definito "squallida e viscida figura del ventennio fascista triestino". Fatta salva la possibilità, che mi riservo, di agire legalmente nei confronti del Ca-vaglion per calunnia e diffamazione (nonché, per altro verso, nei confronti del Curci, che peraltro non mi pare abbia dato su mio padre un siffatto giudizio né fornito elementi per trarlo, malgrado le non poche falsità dette sul conto suo e dei suoi rapporti con la moglie), la invito, in base alla Legge sulla stampa, a pubblicare, con risalto pari a quello del pezzo di Cavaglion, questa mia nella quale affermo che mio padre Michele Risolo fu, per quanto fascista di vecchia data (ma di fede assai moderata), persona apprezzata e stimatissima, sia quale giornalista e Direttore di giornale che quale presidente del Sindacato Professionisti e Artisti di Trieste, sia come insegnante, prima e dopo il suo impegno col giornalismo e col fascismo, sia infine come critico e amico delle arti, intimo non di pochi scrittori e pittori di grande vaglia. Di tanto potrebbero far fede, se il Sig. Cavaglion, che nulla sa per propria scienza né di mio padre né dell'am- ciò che si pubblica. È stato detto che parlando mensilmente di un sacco di libri (tra i cento e i centoventi), spesso senza denunciarne i limiti, diventa arduo, per il lettore anche colto e avveduto, registrare una selezione che lo awii concretamente alla lettura e all'acquisto. Se tutto ha lo stesso peso, se tutto ha la stessa forma, diventa difficile stabilire delle gerarchie che orientino il lettore. Dopo una discussione, che testimonia anche la passione con cui "L'Indice" nasce mese per mese, sono emerse due proposte: a) non limitarci alla "galerie des beautés", non escludere i giudizi critici (vedi in questo numero la recensione di Carlo Madrignani alla seconda prova di Antonio Moresco, del quale il medesimo recensore aveva invece elogiato il romanzo d'esordio La Cipolla)-, b) riorganizzare la rivista attorno a un lay-out che valorizzi le differenze tra testi di grande valore scientifico, letterario o politico e testi di routine, meno originali, magari piacevoli, ma poco significativi nella produzione editoriale. Le esigenze dell'abbonato Marcello Barbieri e di tutti gli altri numerosi lettori potranno trovare legittima soddisfazione in una rivista che si riappropria di una linea critica e di fronte all'invasione di pagine stampate, vero blob indistinto e pervasivo, apre discussioni, introduce dubbi, denuncia distorsioni, pronuncia giudizi? Attendiamo i vostri pareri e consigli. Alberto Papuzzi biente giornalistico e culturale di Trieste nell'epoca del fascismo, volesse informarsi prima di smentire, come dovrà, quanto ha calunniosamente affermato, i suoi tanti allievi e le non poche persone ancora viventi, a Trieste e a Firenze, che lavorarono alle sue dipendenze o accanto a lui, o alcuni artisti che scambiarono affettuosa corrispondenza con lui fino alla sua fine. Quanto all'"aver tradito la moglie in tutti i modi" ed essersi occupato di lei solo dopo che Ellmann la rese una persona nota, sono calunnie che posso e voglio smentire io stesso, testimone per oltre trent'anni della pazienza, della cura e del sostegno che egli prestò diuturnamente a mia madre, nell'ambito di una convivenza resa difficile dalle manifestazioni di una precaria salute nervosa, di cui mia madre ebbe a soffrire, praticamente per tutta la sua vita di adulta. Fausto Risoli Errata corrige. A pagina 43 dello scorso numero l'articolo intitolato Lars Von Trier è stato attribuito ad Andrea Giaime Alonge. In realtà è di Stefano Boni. A pagina 7 è saltata l'ultima riga di testo. La parola troncata è "sacerdoti". Ce ne scusiamo con gli autori e i lettori. Le immagini di questo numero La Biennale di Venezia. XLVII Esposizione Internazionale d'Arte, Electa, Milano 1997, pp. 736, s.i.p. Quest'anno la Biennale, curata da Germano Celant, ha intitolato l'esposizione principale Futuro Presente Passato. Tantissimi come sempre gli artisti presenti, i linguaggi utilizzati (pittura, scultura, fotografia, installazione, video, performance, ecc.), le nazioni ospiti (43 padiglioni nazionali) e le manifestazioni patrocinate.