L'INDICF ■■DEI LIBRI DEL MESE ■■ SETTEMBRE 1997 N. 8, PAG. 6 Un vero postumo, affondato nel secolo di Vittorio Coletti Goffredo Parise, L'odore del sangue, Rizzoli, Milano 1997, pp. XXXIV-235, hit 28.000. Un romanzo pubblicato parecchio tempo dopo la sua stesura ha effetti imprevedibili, tanto più quando la distanza è, se non cronologicamente ampia, culturalmente profonda. Può accadere che il libro non sia stato pubblicato all'epoca della sua composizione perché più avanti rispetto al gusto allora dominante e si trovi quindi meglio posizionato al momento dell'uscita, come è successo ai romanzi di Guido Morselli; o invece può accadere che la sua pubblicazione riporti indietro le lancette del gusto e della cultura e riesca quindi sconcertante e incomprensibile. Ho l'impressione che Cesare Garboli, pre-fando magistralmente L'odore del sangue- riesumato dalle carte di Goffredo Parise, si sia preoccupato proprio di parare questa eventuale sensazione di rigetto e contro di essa abbia alzato un impressionante, intelligentissimo fuoco di sbarramento. L'odore del sangue è un romanzo non rifinito dal suo autore, composto di getto nel 1979 e riletto senza apportare variazioni pochi mesi prima della morte nel 1986 (Giacomo Magrini dà conto nella nota al testo dei criteri e dei problemi filologici dell'edizione). Racconta l'ossessione erotica di un marito cinquantenne tradito dalla moglie, anch'essa di cin-quant'anni, che si concede a un ragazzone romano e, in un crescendo autodistruttivo, ai suoi numerosi amici e alle loro più volgari perversioni. Dopo averla sostanzialmente trascurata per molto tempo (la tradisce da anni), l'uomo è di nuovo attratto e interessato dalla moglie, che scopre in questa inedita e impropria dimensione di tardona vogliosa, pateticamente perduta dietro a un giovanotto che potrebbe essere suo figlio. Già, probabilmente, in arretrato sul gusto letterario dell'epoca della sua stesura (il '79 è l'anno di Se una notte d'inverno un viaggiatore), il romanzo lo è ancor più su quello odierno, ma, proprio per questo, si offre al lettore come un campione, perfetto ancorché tardivo, della narrativa del Vecchio Novecento, moraviana o precalviniana che dir si voglia. Le caratteristiche di questa narrativa vi si ritrovano infatti tutte: il centralismo assoluto dell'io, la parallela centralità del sesso, la ritualità della coppia (dove tutto, perfino l'adulterio, è istituzionalizzato). Nel libro di Parise non ci sono che i due protagonisti (gli altri, spesso, non hanno neppure un nome, sono pallidi fondali, con ruolo solo narrativamente funzionale); anzi, a ben vedere, non c'è altro che il marito, il narratore che racconta e analizza con maniacale minuziosità (e maschilistica presunzione, come nota Garboli) il comporta- mento della moglie. Il marito, per di più, è un analista, cioè il professionista più tipico dell'età dell'imperialismo dell'io, il sacerdote laico dell'inconscio, coi suorproto-colli di valutazione psichica tanto collaudati quanto, per una volta, inutilizzabili. Il romanzo rilancia, così, un altro mito veteronovecen-tesco, il linguaggio, come mezzo attraverso il quale si può e si deve dire tutto, appropriarsi di tutto, dominare la realtà. I due protagonisti parlano incessantemente e alzano tra di loro un muro di parole che li divide assai più di quanto li avvicini (non a caso i loro rapporti sono perlopiù telefonici); la conversazione tiene nella loro vita il luogo dei fatti e delle cose (non ci sono ovviamente figli né altri ingombri); se questa lan-gue, provvede a riempire il silenzio il marito-narratore col proprio furore nominativo, l'incontenibile impulso a dire, a fagocitare il reale nel discorso. Di conseguenza, ci sono anche le tipiche libertà linguistiche (le parole proibite pronunciate col gusto di chi finge di essersi liberato dall'imbarazzo di dirle), le oltranze erotiche e verbali di una cultura che, avendo identificato l'io col sesso, ha dovuto verbalizzare il sesso fin nei più riposti dettagli. Al riguardo può riuscire utile qualche confronto: ad esempio quello col sereno erotismo dei recentissimi Quaderni di don Rigoberto di Vargas Llosa, a fronte del quale la dura, acre (Parise lo segnala già nel titolo) perlustrazione del territorio della sessualità e delle passioni nell'Odore del sangue sembra appartenere, oltre che a un diverso (il vecchio) continente, a un'altra epoca culturale, denunciando una differenza non minore di quella che la separa dalle leggere e raffinatissime acrobazie psicologiche ed erotiche dei romanzi francesi del Sei-Settecento (Madame de la Fayette o Crebil-lon), opere di un'età in cui l'io poteva ancora permettersi il lusso di dominare l'eros, guardandolo dall'alto. L'odore del sangue ci ricaccia istruttivamente nel profondo Novecento, in una letteratura stretta intorno a un io ipertrofico e claustrofobico, e ci fa misurare la distanza ormai enorme che ci separa da essa. Goffredo Parise termina la sua notevole carriera di scrittore, affondando, paradossalmente, da vero postumo, in quel secolo, dal quale, all'inizio (penso al Ragazzo morto e le comete), aveva saputo, lui più di tanti altri, stupendamente allontanarsi. La vita e i film 1929 Nasce a Vicenza 1*8 dicembre, da Ida Wanda Bettolini e da padre sconosciuto. 1937 La madre sposa il giornalista Osvaldo Parise. 1949 Dopo aver conseguito la maturità classica, si trasferisce a Venezia per frequentare l'università a Padova (corsi di lettere, medicina e matematica). 1950 Lascia l'università e inizia a collaborare con alcuni giornali veneti, tra cui l'"Alto Adige". 1951 Pubblica il suo primo romanzo, Il ragazzo morto e le comete, presso Neri Pozza. 1953 Si trasferisce a Milano, dove lavora come correttore di bozze per Garzanti. Pubblica presso Neri Pozza La grande vacanza. 1954 Pubblica presso Garzanti II prete bello, che avrà un grande successo di pubblico. 1956 Diviene consulente per Longanesi. Pubblica presso Garzanti II fidanzamento. Sposa Maria Costanza Sperotti; gli fa da testimone di nozze Giovanni Comisso. 1958 Entra nel consiglio d'amministrazione di Longanesi. Inizia a collaborare con "Il Giorno". 1959 Pubblica presso Garzanti Amore e fervore. 1960 Si trasferisce a Roma. Inizia a collaborare con "Il Corriere della Sera". 1961 Lavora per il cinema, scrivendo sceneggiature e soggetti. 1962 Fa viaggi in Russia, negli Stati Uniti e in Spagna. 1963 Si separa dalla moglie. 1964 Conosce Giosetta Fioroni, che sarà sua compagna per il resto della sua vita. 1965 Vince il Premio Viareggio per il romanzo 11 padrone, pubblicato da Feltrinelli dopo essere stato rifiutato da Garzanti. 1966 Fa un viaggio in Cina per conto del "Corriere della Sera". Ne deriverà Cara Cina, il primo dei suoi reportage (seguiranno Due o tre cose sul Vietnam, Blafra, Guerre politiche). 1967 Fa un viaggio nel sudest asiatico per conto dell'"Espresso". Pubblica presso Feltrinelli Lassoluto naturale. 1968 È a Parigi, insieme a Nanni Balestrini, durante i moti studenteschi; poi nel Biafra. 1969 Pubblica presso Feltrinelli il romanzo II crematorio di Vienna. Continua l'attività di inviato speciale in varie parti del mondo: Medio Oriente, Albania, Russia, Ungheria, Cecoslovacchia. 1970 Compra una casa a Salgareda, sul greto del Piave. 1972 Pubblica presso Einaudi Sillabario n. 1, una svolta nella sua attività letteraria. 1974 Tiene una rubrica sul "Corriere della Sera". 1980 Fa un ultimo viaggio, in Giappone, e ne trae il reportage Leleganza è frigida. 1982 Vince il Premio Strega per Sillabario n. 2, pubblicato da Mondadori. 1986 L'Università di Padova gli conferisce la laurea ad honorem. Muore a Treviso il 31 agosto. Centralità del sesso L'odore del sangue esce corredato da un apparato critico e filologico impeccabile, col quale i curatori, Cesare Garboli e Giacomo Magrini, sembrano voler subito collocare il romanzo tra i classici del secolo. Per Magrini l'Aristotele della Poetica e il Propp della Morfologia sono i "numi tutelari" del libro, una "favola tragica", che, per l'ossessiva ripetitività dello stile, gli ricorda le opere di Thomas Bernhard. Garboli lo iscrive sotto il duplice segno di Moravia e di Kafka e lo ritiene una moderna "falloforia"; romanzo dunque ben radicato nella letteratura del secolo e insieme struttura narrativa primaria, costruita su motivi antropologici basici (la virilità, il sangue, la donna, ecc.). Ci sarebbe cioè una specie di verità eterna, elementare (il sesso, il rapporto tra maschio e femmina), riletta in una chiave narrativa novecentesca, che punta al controllo razionale, al contenimento intellettualistico delle dirompenti pulsioni basilari. La scrittura letteraria sarebbe così una specie di svelamento e di esorcismo, una confessione e una rimozione, una manifestazione della sofferenza profonda e un rimedio a essa. E un perfetto ritratto psicologico (quello tracciato da Garboli) di tanta letteratura del Novecento, alla quale L'odore del sangue appartiene pienamente. Inevitabile a questo punto la ricerca del movente psichico del romanzo (anche se Garboli si disinteressa educatamente dei suoi contenuti) e la sua pronta individuazione nel più classico passepartout diagnostico del secolo, il complesso di castrazione, tipica metafora tecnicizzata del determinismo psicoanalitico. Anche questo contribuisce ad allontanare dal lettore odierno il romanzo di Parise: la centralità del sesso, la riduzione a esso delle contraddizioni dell'io sono un fenomeno novecentesco, che, non è da escludere, il futuro prossimo potrà considerare nulla più che una patetica ossessione della cultura borghese. Per Cesare Garboli, significativamente, "crisi di virilità" e "crisi del romanzo" vanno di pari passo. Il genere romanzo, a suo giudizio, entrerebbe in crisi quando (intorno agli anni settanta) si è cominciato a rimuovere quel problema del sesso, che l'opera postuma di Parise avrebbe invece il coraggio di rimettere, pur tanto crudamente, al centro della riflessione letteraria. Peccato che proprio in quel periodo il romanzo (di Calvino o di Kundera, di Levi o di Màrquez, ecc.) avesse trovato altre strade, meno univocamente orientate in direzione di un io incantato da se stesso e dal proprio sesso e avesse iniziato a moltiplicare il soggetto, a interessarsi anche ad altri suoi aspetti, e quindi, in qualche modo, a interessarsi di nuovo anche agli altri. L'odore del sangue ripropone la pesantezza dell'io in un Novecento ormai finito con la leggerezza dell'essere. Per Garboli è il pregio, la "necessità" del libro di Parise; credo che sia anche la misura della sua inattualità, del suo impressionante (in un certo senso: suggestivo) ritardo culturale. (v.c.) ^__: - I film Senilità, di Mauro Bolognini, 1962, sceneggiatura di Parise dal romanzo di Italo Svevo. Agostino, di Mauro Bolognini, 1962, sceneggiatura di Parise dal romanzo di Alberto Moravia. Una storia moderna: l'ape regina, di Marco Ferreri, 1963, da un soggetto originale di Parise. Una donna dolce, dolce, episodio di La donna è una cosa meravigliosa, di Mauro Bolognini, 1964, cosceneggiato da Parise. I miei cari, di Mauro Bolognini, episodio di La mia signora, 1964, sceneggiatura di Parise da un proprio racconto. L'assoluto naturale, di Mauro Bolognini, 1969, dall'omonimo romanzo. II fidanzamento, di Gianni Grimaldi, 1975, dall'omonimo romanzo. Il prete bello, di Carlo Mazza-curati, 1989, dall'omonimo romanzo.