superare la crisi In Italia, poi, si aggiunge lo smarrimento di fronte a un travagliato processo di cambiamento che è insieme istituzionale e politico. «Un'evoluzione difficile - ha detto Agnelli - ma che non giustifica allarmismi esasperati ed eccessi di pessimismo. Il nostro Paese sembra ormai avviato a un assetto istituzionale fondato su una maggiore competizione tra le forze politiche che aspirano ad assumere la guida del governo. E questo potrebbe essere un fatto importante, perché consentirebbe di introdurre più efficienza nella gestione della politica». Non si possono, però, sottovalutare i rischi che comporta una fase di prolungata instabilità politica. Certo non sono in discussione né i fondamenti della democrazia né quelli del libero mercato, che tutte le formazioni politiche - tranne alcune frange estreme -hanno ormai fatto propri. La domanda è semmai come e con quali sistemi si intende favorire l'uscita del Paese da una crisi economica e occupazionale sempre più grave. «Su questi punti - ha detto Agnelli - le risposte non possono aspettare ancora a lungo. E noi crediamo che saranno tanto più credibili ed efficaci quanto più le forze politiche sapranno tenersi lontane dalle sabbie mobili del populismo e del provincialismo; quanto più saranno consapevoli e coerenti con quanto avviene nel resto del mondo. Perché non c'è stata in passato e non ci sarà in futuro una via italiana allo sviluppo: la via è una sola, dovunque e per tutti». Ripresa economica e crescita dell'occupazione sono infatti conseguenza diretta della competitività sia delle industrie, sia delle altre attività economiche. Per rendere l'economia italiana più competitiva, sarà, dunque, necessario accrescere la flessibilità del sistema e adottare misure di risparmio sui costi e di risanamento anche molto severe. Ma se rinunce andranno fatte, saranno inferiori a quelle che verrebbero imposte non accettando la sfida dei mercati aperti. Negli ultimi cinquant'anni - ha aggiunto Agnelli - il nostro continente ha costruito sistemi di "welfare state" che esprimono una forte sensibilità sociale. È un valore importante e testimonia una cultura con radici antiche. Ma non c'è vera solidarietà, non c'è progresso nel distribuire risorse che non ci sono, come si è fatto in Europa e soprattutto in Italia per molti anni». Oggi si parla molto in Europa di una generalizzata riduzione dell'orario di lavoro. Ma in questo momento, quando la competitività è legata alla riduzione dei costi e a modelli organizzativi più efficienti, questa scelta bloccherebbe di fatto l'evoluzione del sistema economico, impedendo il raggiungimento di livelli di costo concorrenziali con il resto del mondo e danneggiando ulteriormente l'occupazione. Simili proposte, ha osservato il presidente della Fiat, testimoniano la tendenza dell'Europa a chiudersi in se stessa, dietro barriere difensive che risulterebbero più una prigione per chi sta dentro, che un ostacolo per chi è fuori. «Proprio quando tutto viene messo in discussione e tutto è destinato a cambiare - ha detto ancora Agnelli - noi dobbiamo riaffermare con i fatti il nostro ruolo di agenti principali del cambiamento. C'è una grande aspettativa nei nostri confronti da parte della pubblica opinione, che attende da noi nuovi segnali capaci di creare e diffondere fiducia. E ►