«cavalcata torinese» OBBIETTIVO ORIGINALE SULLA FIAT GIOVANNI AGNELLI uomo e opera Ernesto Caballo ha scritto un bel libro: Cavalcata torinese 1748-1960, che va incontro al Centenario della Unità d'Italia con istruttive rievoca- zioni di Torino storica artistica poli- tica industriale. Lo ha stampato ma- gnificamente A. Tallone, nella sua stamperia di Alpignano (Torino), in esemplari numerati. Tra i capitoli del II tempo, anche quelli su Giovanni Agnelli e la Fiat. Ne riproduciamo al- cune parti. Agnelli e la Fiat, nei quali il Ca- ballo rielabora con la sua penna noti- zie e ricordi che il compianto Carlo Biscaretti raccolse per il volume: I 50 anni della Fiat (editore Mondadori). Abbiamo così pagine di nuova fre- schezza. Ne riproduciamo qualcuna. Dal quadro di Delleani I quadri di Lorenzo Delleani che mag- giormente ci interessano sono Le Allieve, Nuvole ed anche, per un suo senso di costruzione strofica, In montibus sanctis. Un'altra sua tela raffigura su vari piani, con una verità psicologica che concede forse un po' all'aulico, i fondatori della Fiat tra i quali, con Giovanni Agnelli, c'è Emanuele Cacherano di Bricherasio nel cui palazzo si gettarono le basi della muova società. Egli era discendente di quell'ari- stocratico e intelligente Cacherano che agli inizi del Settecento aveva coraggiosa- mente impiantato una fabbrica di more- sche, e del conte G. B. di Bricherasio che si era illustrato all'Assietta. Era stato ufficiale di cavalleria, come il protagonista e « regolatore » di quell'as- semblea, Giovanni Agnelli. Per la «nobile Arma », con l'affermarsi della motorizza- zione, nel primo Novecento si imponeva la necessità di rinnovarsi; e fra i pionieri di tale splendida impresa figurano l'ex-tenen- te del « Savoia » Agnelli che diventerà uno dei maggiori costruttori di automo- bili d'Europa, Gabriele d'Annunzio dei bianchi lancieri del « Novara », Francesco Baracca del « Piemonte Reale », e Ruffo di Calabria del «Foggia», i quali saranno gli eroi dei primi voli di guerra- Vogliamo dire che la cavalcata degli antichi «Dra- goni Azzurri » continua nel nostro secolo, come osservavamo già alle soglie del libro. Giovanni Agnelli, lasciando la nativa Villar Perosa nel 1892, si era stabilito defi- nitivamente a Torino in corso Valentino, accanto all'officina di Luigi Storero che fabbricava i primi tricicli a motore. Ai li- miti del grande parco, che esercita le più eterogenee suggestioni, incominciò l'impre- sa di Agnelli, condotta in ugual misura con coraggio e prudenza, fantasia e calcolo av- veduto. Ecco un ritratto di lui, abbozzato da Riccardo Gualino: «Alto, solido, ben piantato sulle gambe, la testa diritta, egli scaccia di tanto in tanto i pensieri dal capo, spazzolando i capelli all'indietro con la mano. E' estremamente forte nelle di- scussioni, specialmente quando dichiara che non ha capito, perchè ha capito benis- simo, ma vuol semplificare. Ha una paura maledetta dei fronzoli, dell'accademia, del- le orazioni forbite... Talora ruvido nei modi, quando ha preso una decisione si irrigidisce e diventa aspro, anche per non doverla mutare ». Un'espressione vigorosa ha pure, nel salone di «Torino Esposizio- ni », il busto di Agnelli scolpito da Rubino: sembra reggere meglio di una schiera di cariatidi la gran navata che disegna attor- no le sue losanghe di luce trascolorante. Ma Agnelli regge sereno pacato, senza for- zature da Atlante, l'immensa costruzione che è la Torino industriale di oggi. L'automobile da un Caffè Ci sono aspetti curiosi della città di que- gli anni: altrove i caffè erano sempre stati la tribuna di lancio per i manifesti lette- rari. i manifesti politici. A Torino, accanto al « Fiorio », al « san Carlo », al « Nazio- nale», al «Baratti», vere anticamere di ministeri, atrii di università, esisteva in corso Vittorio, un caffè, il « Burello », che diventò luogo di riunione ed in certo qual modo l'officina di Agnelli e dei suoi amici. Sui vecchi divani di velluto rosso del « Bu- rello », racconta l'iniormatissimo Carlo Bi- scaretti, si discorreva un tempo animata- mente di corse ippiche, di puledri, di fat- trici, mentre charrettes, clarences, mail- coachs, giardiniere e coupés erano oggetto di febbrili contrattazioni. Ed ecco entrare nel caffè la ventata rivoluzionaria dell'au- tomobile Qui nacque ad Agnelli la prima idea di fondare una vera, efficiente indu- stria automobilistica, e gli sorse dopo una animata discussione con il fantasioso Lan- za. « Vorrei aver io le possibilità finanziarie del Lanza, e metterei su davvero una fab- brica con i miei criteri, e non con i suoi ». Le montagne del Piemonte hanno man- dato nell'ultimo secolo uomini di talento a Torino: politici come Sella, Nigra, lo stes- so Giolitti; medici quali Carle, i Marro, Fasiani; i pittori Delleani, Olivero, tecnici come Grandis, industriali fra cui Lancia, Rivetti, lo stesso Gualino: la provincia al- pina è un vivaio di ingegni e caratteri alle- vati a una dura scuola. Se non montanaro, Agnelli può considerarsi valligiano, ed egli scende da Villar Perosa a. costruire la « sua » Torino : in lui si riconoscono natura ed educazione alpigiane dalla vitalità ine- sorabile impressa alle sue iniziative, una gagliarda spinta verso la conquista. Torino aveva nel settore del lavoro un buon patri- monio di esperienze e tradizioni di cui co- nosciamo le correnti, le fonti; ma la sua industria poteva considerarsi, salvo ecce- zioni, legata ancora ad aspetti e forme ar- tigianali. Occorreva ricercare le dimensio- ni ottime per questa attività, creare natu- rali distretti industriali, innovarne tutta l'economia e gli intenti produttivi. Agnelli trasformò Torino in città operaia a cui non disdice la chiarificazione, dovuta a Piero Gobetti, di città proletaria. Dalla balconata di Superga La storia degli sviluppi della Fiat, più che per qualsiasi altra industria italiana, non ha da limitarsi agli aspetti esteriori, ad una cronologia di fatti, ma deve essere studiata in rapporto strettissimo con la storia di Torino dal 1900 ad oggi, che essa condiziona e da cui è condizionata: virtù e difetti di Torino appariranno anche virtù e difetti di Agnelli. Le cause di questa as- soluta interdipendenza sono di natura va- ria: accenniamo soltanto al molto di con- geniale che esiste indubbiamente fra atti- tudini e costume di vita torinesi e stile, norma industriale della Fiat, così come li stabilì Agnelli in modo ferreo, sin dagli inizi. Ne consegue che egli era, ed è tuttora al centro del carattere della Torino mo- derna, suscitatore di un clima entrato nel- la natura, anche nell'istinto della città di cui rappresenta, in un significato nuovo, il genius loci. Anche per Agnelli valeva il motto che la noia non era all'altezza di una virtù morale in Piemonte. Visse anni privilegiati, quando era consentito assu- mere determinanti e arrischiate decisioni, quando Torino era una capitale vacante, e pareva avviata alla decadenza; più di ogni altro, egli seppe con le alte cinte del Lingotto e di Mirafiori ridarle una corona. Al pari di Vincenzo Lancia, sapeva inol- tre quanto contasse il prestigio della diver- sità nel nostro Paese: di conseguenza, pur adottando la regia della produzione in se- rie, volle conservare alla sua fabbrica quel tono peculiare e personale che è diventato il carattere distintivo di tutta la nostra industria dell'automobile e della carrozze- ria ; un criterio della diversità saggiamente applicato alla lavorazione di vetture desti- nate a un mercato in cui le esigenze par- ticolari dell'eleganza, della fantasia sono vive e legittime. Ed anche questo è un modo di recuperare la macchina ad un ambito di vera creazione: l'automobile, in- somma, che ci avvicina all'umanità. Fra le tante immagini fotografiche di Agnelli ci piace quella che lo ritrae con Nazzaro nel cortile del primo stabilimento, in corso Dante, sullo sfondo di modesti ca- pannoni: si vedono vetture che nelle loro robuste linee elementari ricordano le jeeps. Un superstite di quegli anni ha rievocato con noi i febbrili « giorni della creazione » (è l'espressione testuale) della 8 HP due cilindri, la 12 HP quattro cilindri destinata al primo Giro d'Italia, con interminabili discussioni fra Agnelli e Faccioli che non voleva saperne delle esperienze altrui, ed aveva gli archetipi delle automobili pronti, rombanti nel cervello. Il lavoro proseguiva fino a sera tardi, così narra il vecchio mec- canico: «Una volta, a mezzanotte, entrai nel camerone che serviva per il montaggio; nella penombra c'era un gran silenzio. Vidi il cavalier Agnelli steso su uno chàssis che dormiva, un telone sulle gambe; non dimenticherò mai che sembrava un ferito in barella ». Ci sono numerosi episodi, echi di collo- qui di quei tempi che dànno la misura dell'uomo. La ripida salita di Superga era diventata la pista-scuola per le nuove mac- chine. Raccontano che il primo agosto 1901 Agnelli arrivò con Faccioli a bordo di una 8 HP in collaudo sul piazzale di Su- perga, e dalla balaustra indicò al collabo- ratore il gran muro delle Alpi dicendo perentorio: « Tu mi devi fare delle macchi- ne che salgano lassù, senza che bolla l'ac- qua. Ci voglio tener la mano sul radiatore al culmine di ogni salita ». Superga è la balconata di Torino; da quell'altura e da tutta la collina vicina. Alla Mirafiori Alle Ferriere Alle Ferriere (fotografie di Franco Fedeli, Roma) la città presenta la sua scacchiera ordi- nata, ma prospetta anche linee misterio- se, difficili da decifrare. Una città con un suo suggello d'enigma e di diffidenza, ed anche con le sue rivelazioni intermittenti, se è vero che dal monte dei Cappuccini il paesaggio di Tcrino nella luce sorgiva delle Alpi suggerì al giovane Rousseau i primi temi, le aperture solenni che egli concertò molti anni dopo nella professione di fede del Vicario savoiardo. Ora Agnelli non è certo roussoniano, ha i piedi solidamente in terra: nei suoi collaudi in collina non insegue le nuvole o, sulle orme dei Con- cordi, le corse a precipizio di Alfieri; non- dimeno anche per lui Superga, in tutt'al- tro modo, rappresenta un luogo obbligato, quasi di pellegrinaggio: e vi si reca sovente. Di lassù confida a se stesso, ad alta voce, i suoi progetti. Verranno dopo le realizzazioni maggio- ri. nascerà la vera città di Agnelli che produce automobili, trattori, aeroplani, ap- parati motori per navi. Certo, la grande fatica di Agnelli non è ancora finita. Si di- rebbe che la sua personalità massiccia, la sua presenza fisica domini ancora Torino, che qualcuno ha chiamato la « sua città privata » ; ma siamo in tema di paradosso. Villar Perosa Oggi un terzo almeno della popolazione torinese è legato all'opera di Giovanni Agnelli in modo diretto o indiretto: in ogni famiglia la Fiat ha un operaio, un tecnico